Giovan Bartolo Botta

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BERNARDA Anti-Show – Prove aperte sorrette da APERICENA

In in scena on dicembre 15, 2012 at 11:55 PM

Anteprima + apericena (prezzo da fine del mondo € 5)

Martedì 18 dicembre 2012, ore 21.
Trattoria Casa di Marco, Via degli Enotri 6, San Lorenzo, Roma.

Bernarda_locandinaBNCASADIMARCO

Anticipazioni, indiscrezioni, trucchi, segreti, pettegolezzi, altarini, e piani di battaglia sullo spettacolo che – Maya permettendo – debutterà a gennaio 2013. Meglio prevenire che aspettare però.

BERNARDA o il kaos di Bernarda Alba

troppo liberamente tratto da Federico Garcia Lorca
adattamento e regia Giovan Bartolo Botta

con
Giovan Bartolo Botta
Krzysztof Bulzacki Bogucki
Isabella Carle
Giada Di Fonzo
Flavia Martino

Bernarda Alba ha un problema. Ha molti problemi. È solo un problema. Le sue figlie sono un problema. Assettate di vita. Vita vissuta. Pretendono il motorino, il piercing, il tatuaggio, la libera uscita senza coprifuoco, il superalcolico, l’esperienza psichedelica e la giusta dose di sentimentalismo compulsivo. I compiti li scopiazzano, l’andamento scolastico è pessimo, ingollano junk food, non fanno attività fisica, disprezzano le generazioni precedenti, non credono in Dio, non credono nel caso, non credono e basta. L’assistente sociale alza bandiera bianca, il terapeuta si suicida, il confessore si inginocchia sui ceci. Tutto pur di non aver a che fare con loro. La loro storia non interessa a nessuno. Piace giusto a noi attori che dobbiamo lavorare per mangiare. E ci tocca farci carico dei problemi dei personaggi come se non ne avessimo già abbastanza noi come persone.

Il giorno prima della fine

In video on dicembre 12, 2012 at 6:26 PM

Il Giorno prima della Fine, web serie, episodio 1

Il ritorno dell’attore qualunque (ultima monta prima del giudizio universale che è quasi sempre un castigo)

In Un attore qualunque on dicembre 6, 2012 at 10:39 PM

Il nuovo capocomico credeva. Praticamente un prete. Di più. Un nunzio apostolico. Apostolava spesso. Tutto. Ovunque. Ponitificava. “Tu in quanto attore brami il lusso, insegui il vizio, giungi in ritardo, vivi la notte, non vedi il sole al mattutino, al meriggio fai merenda e discuti solo di aperitivo ecc. ecc., pentiti! Pentiti e recita, ma recita in silenzio poiché hai colpa nell’ardire di voler attorare, ergo sono 150 Ave Regina e 75 Padri di Dolore” Saulo il Tarsita ti avrebbe fatto sentire più adeguato alla situazione. Avrete i copioni la prossima settimana unicamente dopo esservi consigliati con il padre spirituale, da poco ingaggiato dal capoccia di Subalpia Spettacoli, così, tanto per darsi un volto angelico e spazzolare via le nerbate subite durante la stagione giudiziaria. Le ronde dal padre spirituale si rilevarono autentici macigni sul fegato. Roba spissa! Padre non ho amici che faccio? Padre le ragazze mi scherzano che faccio? Padre ho smarrito la mia arte che faccio? Padre i miei genitori mi rimproverano di non aver terminato gli studi che faccio? Li ammazzo con l’aiuto del mio amico Alberto (Stasi)? Ma il padre da esperto gnomo anziano di bosco ti proponeva sempre la medesima soluzione: abbassati i calzoni figliolo che voglio farti vedere una cosa. E tu giù a passiveggiare con il tuo stillo nella sua cavità orale nastante di fettuccine al ragù e pezzo di scarola fra l’incisivo e il dente del giudizio. Dopodiché se toglievi il disturbo nell’istante della centrifugata seminale il messo di nostro Signore dava di matto e rischiavi di ritrovarti a recitare nei peggiori tuguri di paese. Tra colleghi si cercava di porre mano alla sibilla. U.G. Gradabelli si propose come portavoce del sindacato interno dei lavoratori dello spettacolo. Ma il sindacato stesso non aveva niente da dire. Ergo non ci fu nulla da fare come disse Ulisse a Ettore dopo avergli somministrato la giusta dose di solletico ai piedi. C’era chi subodorava il fritto. La fregatura. Alcuni attori giravano per le sale del Teatro Novello con gli amuleti cuciti ai sandali per allontanare la rogna del momento. La penitente stagione giudiziaria ci aveva reso tutti diffidenti. Ricordo in quei giorni di aver rivisto un mio vecchio compagno di recite. Lo conobbi durante le prime rappresentazioni sotto la ditta. Mi venne incontro come se avesse visto la madonna. Gli sparai a bruciapelo. Solo dopo lo riconobbi, ma lui era già cadavere. Scese in me l’imbarazzo. Con un filo di voce riuscì a soffiarmi le sue ultime volontà che nella fattispecie furono: pensaci tu a mia moglie. Uccisi anche lei. Con la stessa arma. La ragazza per la quale persi il senno, perse il senno per un altro il quale lo perse per un’altra che lo perse per un ciabattino di Treviso. Riportai il senno al centro dell’universo e mi concentrai su una collega del cast. In fondo il teatro serve anche a quello… a dare vita e carne a dei sentimenti che altrimenti rimarrebbero solo pensieri. Operai da poeta quale non sono. Feci un salto al quinto girone o giù di lì per chiedere lume a Lucano, Orazio, Virgilio, Ovidio, Tazio e altre vecchie volpi di quel tipo. Mi dissero: guarda fa attenzione ai sodomiti, loro sono peccatori forti, mancicchi, è gente dalla quale ti devi coprire le spalle. Con una curiosità tale da oscurare quella di Ulisse mi fiondai dai sodomiti. Con loro parlai di costituzione e altro, mi congedai sapendone di più sulla vita. Colsi dei fiori per quella ragazza, dei mughetti, dalle suore salesiane militavo nel team dei mughetti, peccato che lì sradicai fuori stagione. Fuori tempo massimo. Venni squalificato e la fanciulla utilizzò i miei fiori per insaporire il suo minestrone a base di carubbe e sgnacche. Le regalai dei manuali in portoghese che trattavano di sublime misto all’estetica universale, tanto per farle intendere che non leggevo solo Playman. Non capiva il lusitano, blaterava correttamente tre linguaggi, l’italotavoliere, il sufurio, l’anglomanciuriale. Accettò ugualmente il mio regalo e dopo poche settimane mi confessò che alla sua amica brutta e unta erano garbati molto e che defungeva dal desiderio per la mia persona. Confidai il mio dramma sentimentale all’amico Alabino Banderuola, l’attore per antonomasia e per anatomia. Mi disse “Tranquillo, ci parlo io, lascia fare a me che te la consegno tra le lenzuola su un piatto d’argento”. Ci parlò. E divenne la sua ragazza. La sera della prima, in piena regola Cassavetes, il recitante Bepi Biundu organizzò un party alla Carlona: Vernaccia del discount e fumo allungato con dei cuneesi al rum. Si innalzarono calici e califfi. Al sorso numero tre, quello divinatorio, l’attore Salomone Pavone, meglio conosciuto con lo stampino di O sole mio, già stava in shock anafilattico. Si ripropose ai vivi dopo una buona cura di Dildo negli usci. Il campano Manlio Altola, famoso nei turletti con lo pseudonimo di Ciuccio Grosso E Versatile ci intrattenne a suon di canzonette e lingua zotica. Fu allora che ci congedammo con un segno della croce e un altro segno non verbale all’indirizzo dei produttori. La quarta replica fu l’increscioso. I montoni giunti apposta dal Regno delle Due Sicilie con l’intento di aggiungere un tacito bretoniano allo spettacolo voltarono fuori dal recinto puntando dritti sulle prime file di spettatori. Che grazie all’incuria del ministro delle arti e dello spettacolo erano vuote. I caproni furono in un primo tempo calmati con delle tecniche di masturbazione. A quello ci pensarono i tecnici che sono pagati apposta. Ecco spiegato il motivo del loro nervosismo perenne. In un secondo tempo furono sedati con delle punte di compasso intinte nel barbera. Infine fu un’antica pratica utilizzata dai coloni portoghesi per convincere i mori a dare il meglio sui campi di lavoro a calmare le bestie canute. La pratico del vibro. I capi di bestiame vennero abbattuti e serviti nel banchetto pasquale. Le attrici Derettana Suggerimento e Paprika Treominiallavolta utilizzarono la lana per fabbricarsi dei perizomi al penultimo urlo. Furono parecchi gli uccelli a mettersi sull’attenti! Star Drinkwater fece serpeggiare la voce di un ritocco al ribasso sui contratti di lavoro. Che già puzzavano di elemosina. Più che contratti erano strette di mano. Con minaccia. Se hai qualcosa da ridire sul trattamento economico ti ritroverai col culo per terra. Come protesta gli attori giovani Mascionardi e Pluto Scudiscia, detti i gemelli del vasello, si diedero a torce umane di fronte al palazzo. Ma sbagliarono palazzo dunque il loro sacrificio fu vano. I loro resti vennero amorosamente ricomposti dai randagi dell’isolato. Sia i gatti che gli immigrati. I sette giorni antecedenti la nascita di Gesù, l’unico frutto di uno schizzo divino senza colpa alcuna, i vertici dell’azienda porsero al nostro apparato uditorio la lieta novella: signori, siete licenziati! Eccovi un breve estratto che l’assessore alla cultura Fiaschetto Alfiani estese a teatri unificati con il beneplacito del ministero centrista romano. Era il 18/12/2008. Questa data passò alla storia nonché alla geopolitica con il termine di: non guiderete più seduti.
“… e considerando il fatto di vivere in un pieno rinnovo globale delle istituzioni, compreso in una globalizzazione planetaria che vede rinnovarsi in primis i modus operandi di entità importanti nell’educazione di un essere umano quali la chiesa, l’economia di mercato, la politica e la partitocrazia ecc…. per non parlare delle arti, parliamone invece, sempre più a contatto con un rinnovamento che vede nel progresso e nell’informatizzazione nonché nella robotica e nella genetica quantistica nonché nella fisica esplicita il volto di una nuova era superiore a quella analogica ecc. ecc…. per salvaguardare il pianeta grazie anche all’apporto di una conoscenza e di una consapevolezza nuova che vedono nella nostra cultura millenaria le radici di un tesoro prezioso ecc. ecc…. ma detto ciò non si deve dimenticare il punto comune verso il quale l’umanità deve ambire dando sempre e comunque massima importanza ai diritti dell’uomo ma anche alla possibilità di scoprire da parte dell’uomo stesso nuovi ambiti e spazi che debbono nella ricerca del sapere ecc. ecc… ed è con questo alto senso delle istituzioni, ribadendo il massimo rispetto della magistratura, dell’autorità ecclesiastica con il beneplacito delle maggiori potenze mondiali che io in persona sottoscrivo il mutamento di un’arte nobile quale il teatro che nel corso del tempo nonostante la venuta alla luce di nuove forme espressioni e linguaggi della creatività umana ha saputo con audace coraggio nonché con la forza della fede e della fiducia mantenere una posizione di dignità e blablabla… dichiaro solennemente nero su bianco in accordo con le industrie robotiche nipponiche e i più alti vertici di produzione di armi mondiali l’ingresso sui palcoscenici di Attori Artificiali et virtuali in sostituzione della vecchia e fallace figura dell’attore umano e analogico purtroppo in grado di avere una propria opinione. Che Dio ci benedica!!! L’Italia risorgerà.”
Le ultime righe le spendo per dirvi, cari amici, che mi sono buscato un herpes al glande, e che gli attori licenziati vennero lasciati a crepare di stenti e di umiliazioni al pari di altre fasce di lavoratori, ma questa è un’altra storia…

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Il ritorno dell’attore qualunque 64

In Un attore qualunque on dicembre 5, 2012 at 12:54 PM

Le indagini procedevano ormai da mesi. Ergo da mesi i teatri erano stati posti sotto sequestro. Sigillati al gentile pubblico. Il quale, abilmente pilotato dalla fabbrica del consenso, cominciava a dare segni di insofferenza. Tipo i tori quando sentono avvicinarsi la primavera. O la festa di San Firmino. Vero, Hemingway? Brutto pezzo di merda! Rivolevano indietro i loro beniamini della scena. Anch’io, come gli altri, cercavo l’arrabatto esibendomi in spazi alternativi. Grazie a Dio con i miei testi. Anzi non grazie a Dio. Grazie a me. Alla sera di Ugo Foscolo. Scherzo, alla sera ci si ritrovava in bettola per scambiare le impressioni sul presente. E le figurine Panini. Eravamo quasi tutti concordi nel constatare che all’interno degli spazi alternativi il pubblico ti ignora. Se non ti insulta. Infatti al pubblico non mancava il teatro in quanto azione scenica, no, ma in quanto spazio. Uno spazio-salotto-chiesa nel quale poter sfoggiare la pelliccia di visone maculato con croste greppe, blaterare cinque stupidaggini grossolane sull’ultimo omicidio di una studentessa Erasmus e digerire il trombone di turno. La figura politica intuì. La stampa idem. Risultato, entrambi cominciarono a fare pressione sui magistrati perché la mollassero di scrostare gli zebedei con le indagini e si decidessero ad autorizzare la riapertura dei teatri. La gente aveva bisogno di teatro! Saggio. Il mondo avrà sempre bisogno di teatro. Ma il teatro di cui l’artista pensa che il pubblico abbia bisogno, non è lo stesso teatro di cui il politico professionista pensa che il pubblico abbia bisogno. Il politico pensa ad un teatro-camomilla, un teatro-tisana, che assopisca le coscienze del cittadino. I segretari di partito, di destra, di sinistra, di centro, di fronte, di sbieco, di fianco ecc. indirono una manifestazione a favore della riapertura dei teatri istituzionali. Appuntamento 14 ottobre, piazza Dei Santi Omelio e Pleurite in quel di Verdenia. La capitale del movimento neonazistasecessionistasocialdemocraticolegalitariocristianocattolico. Una città simbolo per un movimento simbolo. Un movimento che non si muove. Evento che ottenne l’appoggio di cani e porci. Più porci che cani. E’ proprio vero che anche i cani a volte capiscono i loro limiti e si rifiutano di salire su un palco… Purtroppo l’evento venne sostenuto anche da una notevole porzione di farinata, di cittadinanza e dell’intera opinione pubblica. Le immagini trasmesse a reti unificate dalle emittenti televisive (per l’occasione diedero cannuccia alle casse dello stato manco si fosse trattato dello sbarco degli alieni alla Fiat di Termini Imerese) mostrarono al paese una folla oceanica. In confronto i concerti di Bono e dei suoi amici evasori fiscali fanno sorridere. Alcune persone intervistate ammisero di aver aderito alla manifestazione pur non avendo mai messo piede a teatro. Ci fu chi dichiarò ai microfoni di non sapere i motivi della manifestazione. In particolare alcuni mariti si fecero uscire dalla bocca il fatto di essere stati trascinati con la forza dalle loro mogli, ma che a loro del teatro non importava un gaddù e che trovavano più interessante una serata al cinema (definito meno noioso) o a scopone scientifico, magari in compagnia di una nigeriana. Vennero raccolte delle firme. Ovunque. Anche nei ricoveri per anziani, nei cotolenghi, e nei cimiteri. Le milizie foraggiate dallo stato irruppero nelle case obbligando con metodi spicci. Per ulteriori informazioni: 333.297451** DJ Achille Starace. Balzava all’occhio il vero scopo della marcia. Accerchiare la magistratura nella morsa dell’impossibilità operativa lasciandola sola al suo destino, e come da copione, il giorno successivo un comunicato stampa rese nota la riapertura dei teatri e le dimissioni dell’intero pool “teatri sbarrati”. Tempo dopo uno di questi magistrati tentò di fare l’attore. Formò una sua compagnia. Il Teatro dei Valori. Valori del buco del culo. Avrebbe pronunciato anni dopo un noto critico teatrale un po’ puttaniere. Era finita per la giustizia. Per me invece era ricominciata. Subalpia Spettacoli mi notificò attraverso un piccione viaggiatore l’inizio delle prove de “Il guerriero chiacchierone”, spettacolo in cinque atti. Cinque e mezzo. Sei con l’intro. Si prega l’attore di prepararsi sulla blaterata veneta. Mi cucinai il piccione. Poi lo gettai al mio vicino di casa. Ma non perché lui era un pezzente. Ero io che sono vegetariano. Ma vai in mona. Ehi! Sono già nel personaggio!!!!!

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Il ritorno dell’attore qualunque 63

In Un attore qualunque on dicembre 4, 2012 at 4:30 PM

Come accennato in precedenza, diversi chili fa, si condivideva il medesimo cemento. Stessa piazza, stessa via. Altrimenti era finita. Non quasi finita. Finita. Per coloro che tiravano avanti di sola prosa, meglio ancora se da sempre diretti come fauna ammaestrata, l’inverno della steppa si prospettava proibitivo. A palcoscenico istituzionale sigillato, l’attore di tradizione o cambia tradizione o cambia mestiere. Tanto quanto per gli artisti da strada la musica era sempre la stessa, anzi, essendo abituati a esibirsi negli incroci, le loro possibilità di sopravvivenza sbriciolavano in effigie quelle dell’attore prosetto. Clown, giocolieri, acrobati e maghi dimostrarono scorza maggiore rispetto al mestierante del verbo. Questo anche per motivi di funzione primordiale. Tra le categorie dei mestieranti dell’arte l’attore di prosa nella fabbricazione delle sue idee può solo fare affidamento su un unico strumento: se stesso. Ovvero qualcosa che non può essere altro o altrove o altrimenti o altresì o cazzi miei da quelli che sono i cazzi suoi. La sua voce e il suo corpo. L’attore di prosa cioè, non può delegare le sue beghe a qualcun altro o a qualcos’altro, che so… un quadro, uno strumento, uno spartito, un libro, una scultura, una macchina da presa, delle colombe, dei birilli ecc. L’attore di prosa, e qui mi ripeto ma me ne frego, è colui che tra gli artisti, in caso di infortunio rischia di non poter dar vita alle sue manne dal cielo, perdendo così la propria coscienza del sé e del mondo intorno a sé. Ovvero non serve più a nulla. E i nemici del teatro questo lo hanno capito già da tempo. Se Mastro Geppetto avesse smarrito le braccia nel Mar Baltico a causa di una battuta di pesca finita tragicamente sicuramente avrebbe potuto chiedere a Mastro Ciliegia di realizzare la sua trovata artistica: fabbricare il burattino tarlato e falso dal naso invadente. Perché il legno è un altro corpo, si delega come nella burocrazia spicciola. Ma se Mastro Geppetto fosse stato un attore, con quell’infortunio sulla groppa, vivendo nell’attuale società dello spettacolo, il burattino non glielo avrebbe fatto interpretare neanche nei suoi sogni. Avrebbe perso la sua identità di artista, il suo scopo da realizzare su questa terra e neanche l’amore disperato di 55 principesse del Gabon sarebbe riuscito a placare il suo senso di frustrazione. Avrebbe fatto come Cesare Pavese… Noi della prosa, si covava il desiderio di responsabilizzarci e sostenere il pool di magistrati. Tutti comprendemmo la situazione e accettammo di buon grado la chiusura dei teatri. Tutti tranne i soliti opportunisti che pur di fare soldi accettarono di recitare nei teatri della Città del Vaticinio L’intera opinione pubblica insieme agli organi di stampa sostavano sulla medesima lunghezza d’onda. Un’onda energetica. Ripulire la corruzione dilagante nei sistemi teatrali di un paese allo sbando. Anche i gruppi armati per la liberazione dei teatri avevano concesso una tregua benché il loro modo di esercitare il terrore fosse tutto fuorché scorretto. Un terrore che non impauriva. Come i film di Dario Argento. Non uccidevano individui. Mai. Non prendevano di mira il cittadino ordinario. Mai. Vietate le stragi di massa. Mai. Avvertivano sempre con largo anticipo nei casi di piazzamento dell’ordigno. Sempre. Inoltre gli ordigni venivano spesso piazzati in aperta campagna in modo tale da non recare danni a persone o cose. Avvertire avvertire avvertire. Come Bossi ai tempi che furono. Riformare riformare riformare. La loro prevenzione era tale che anche dei padri gesuiti appassionati di teatro decisero di arruolarsi. Io li conoscevo. Non erano assassini ma artisti ai quali era stata negata la possibilità di fare arte. Volevano tornare a vivere e non aggiungere dolore al dolore. Furono i magistrati a dimostrare che dietro le uccisioni di alcuni dirigenti responsabili dei maggiori enti teatrali peninsulari imperava la mano della malavita a stretto contatto con il potere politico. I suddetti terroristi non c’entravano neanche a spingerli con un caterpillar. La politica se ne servì a guisa di capro espiatorio. Ma le medesime toghe che avevano sgominato il marcio nel teatro erano riuscite con un colpo di coda a smascherare l’ennesima menzogna di una classe dirigente malsana oltre ogni previsione. Era evidente che avevano pisciato fuori dal vaso…

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Il ritorno dell’attore qualunque 62

In Un attore qualunque on dicembre 3, 2012 at 9:39 PM

Sovrani decaduti abbandonarono la scena seriosamente. Ci fu chi la abbandonò seriamente. Wlader Latti Asburgi Marchetti, l’imperatore del sindacato, ex vigore e sterzo del post marxismo filometodista, tolse il disturbo una trentina di giorni circa dopo lo scoppio del putiferio. Venne rinvenuto privo di vita dalla figlia più piccola della famiglia Asburgi Marchetti, tal Genoveffa di anni tre. Il leader sindacale si era tagliato le vene con una paio di cesoie da potatura di quercia, lasciandosi morire nella vasca idromassaggio della sua bella villa a Montefico sul Guappo. Gargano. Il direttore artistico del Teatro Stabile di Rogoredo sul Cesello venne bloccato dalla gendarmerie al confine tra il Colle di Tenda e la Provincia Granda alla guida del suo camper insieme alla moglie Giustina, i figli Stefano e Marco di 35, 37 anni, professione avvocati, dipendenti dello studio legale “Galderisi Ponchielli”, alcuni passaporti falsi e 15 milioni di euro in contanti nascosti all’interno del radiatore. Si giustificò con gli inquirenti dicendo che li aveva depositati in loco la fata turchina. Tutto subito non venne creduto. Anche se le divise francesi erano lì lì per cascarci. Che lenza questo direttore artistico! Salta subito non all’occhio, ma all’orecchio che pure lui come Ronald Reagan in gioventù aveva domato la macchina da presa. Cratopo Leoni Sesterzi Pigi Fontale in Vileris, leader del sistema teatro pedemontano, venne rinvenuto cadavere nella sua cella numero 3425 nel carcere di massima sicurezza dell’Asinina sugli alti picchi del Genargentu. Accanto a lui una tazzina di caffè corretto paraffina. I suoi killer ciccarono tutto. Cratopo Leoni Sesterzi ecc. ecc. non beveva caffè. Mai. Era allergico alla caffeina. Venne eliminato in tutta fretta a badilate sulle tempie. Pochi giorni dopo la sua morte avrebbe dovuto presenziare di fronte ai magistrati della procura di Potenziometro per deporre contro il suo collega Ing. Oreste Valtellina, responsabile delle pubbliche relazioni al Minuscolo Teatro Obesi di Brianzola sul Gadda. Manager potentissimo, attendente di banche, vantava conoscenze contigue negli ambienti della curia veneta e della massoneria scozzese. In parole povere era di Venezia e tifava per i Glasgow Celtics. Non proprio di Venezia. Giudecca. L’ing. amava sparire in brodo di giuggiole atteggiandosi con i colleghi. Declamava loro il suo amore viscerale per il buon teatro. Naturalment non beccava un’acca di mise en scene… eh eh… che pippa mentale. Ma in compagnia degli avvocati Dio Spina e Fred Must detto il Cinabro curava gli interessi della maggior parte degli attori peninsulari vips. I tre caballones, così venivano etichettati negli ambienti della malavoglia, vennero fatti saltare in aria in compagnia delle loro famiglie, grazie ad una quantità spropositata di esplosivo della Warner Bros. piazzato in casa della Famiglia Spina dal Coiote. Il Coiote stesso dichiarò alla stampa inglese di essersene disfatto poiché era in procinto di firmare un trattato di pace con lo struzzo. Le famiglie dei malavitosi si erano ritrovate nell’accogliente salotto di casa Spina per festeggiare il Santo Natale. Tutti e tre i boss si dichiaravano profondamente credenti. Le loro mogli parevano suore laiche. Montate solo una volta per produrre figli. Anche i loro figli parevano monaci. Ci fu allora chi partorì la pensata di farli avvicinare ancor di più a Dio. L’opinione pubblica al gran completo fece ricadere la responsabilità dell’accaduto sul gruppo terroristico eversivo G.L.T. (Gruppi di Liberazione Teatrale) di area apolitica. Erano una delle tante organizzazioni armate illegali che si erano formate in quel periodo con una fretta del diavolo al fine di liberare i palcoscenici dallo sterco istituzionale. Organizzazioni illegali? Sì. Ma secondo quale legalità? Quella predicata dalle istituzioni stesse? Oh sì, quella ha funzionato vedo…

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Il ritorno dell’attore qualunque 61

In Un attore qualunque on dicembre 1, 2012 at 11:16 am

Martedì 21 gennaio (compleanno di Giovan Bartolo) ore 7.30 la guardia di finanza irrompe negli uffici della sede principale del S.A.T. (Sindacato Attori Teatrali) in via Ovaldino Piotti 133 a Subalpia. Vengono sequestrate 39 casse in resina della Papua Nuova Guinea contenenti una somma in contanti pari a 25 milioni di euro. Arrestato il segretario nazionale del sindacato, l’ex grande attore nonché ex direttore del Teatro Stabile della Valgardena, Wlader Latti Asburgi Marchetti in compagnia di una trentina di portaborse, sette paggi e diciannove galoppini. L’Asburgi Marchetti, sottoposto ad interrogatorio dai pm Giorgio Corso e Stega Santumana della procura di Subalpia, cede all’immediato cadendo in una vergognosa confessione. Trattasi di tangenti versate da potentissimi enti teatrali nazionali con il beneplacito di lobby, potere economico-industriale, gota della finanza, logge nascoste, organizzazioni politiche, frange vaticane e servizi segreti deviati. Le indagini si allargano a macchia di oliva taggiasca, nel giro di pochi lassi gli avvisi di garanzia fioccheranno come la neve sul Cervino. In meno di un niente la procura di Subalpia assumerà le sembianze di un confessionale da duomo, nel quale eccellenti firme del grande palco, ansiose di evitare almeno l’onta della custodia cautelare, si recheranno a dare fiato alle trombe. A vuotare il vuotabile. A poco a poco il polipo prenderà forma grazie anche al sapiente lavoro dei magistrati, i quali riusciranno ad organizzare in un’afflato di tempo uno speciale team di indagini a cui l’opinione pubblica piallerà il nome di “Pool Sipari Sbarrati”. Dai tempi mesozoici sottoposto a tagli di fondi sostanziosi, il mondo della scena, o almeno quello che contava all’interno del palazzo, rispondeva acapparandosi il favore dei sindacati, promettendo loro una cospicua percentuale sulla “esclusiva” assegnazione del budget stanziato dal ministero della cultura, da spartirsi tra i soliti grossi nomi del teatro. I sindacati in cambio avrebbero fatto orecchie da mercante sulla mancata assegnazione di liquidi ai piccoli enti e alle minuscole associazioni culturali. Ma non finisce qui, come diceva il maestro Roberto Pregadio e vedi di pregare anche qualcun altro. Avrebbero anche evitato di sbraitare riguardo le vertenze sugli aumenti di stipendio degli attori scritturati. Ma le sorprese non sono finite. Un’ennesima percentuale sul totale dei fondi assegnati dal ministero ai potenti del teatro veniva poi girata in un secondo tempo dai potenti stessi ai partiti politici, i quali, grazie alla loro contiguità con le organizzazioni di disinformazione, si premuravano a far sì che queste ultime creassero scompiglio all’interno dei teatri. Il suddetto scompiglio veniva messo su da bande e associazioni a delinquere assoldate apposta. Lo stato contro se stesso. L’accesso ai fondi veniva facilitato gabbando bandi e statuti a misura di tangente. Se lo statuto dell’ente teatrale figurava con la voce di associazione culturale ma l’accesso al fondo era ad esclusiva di s.p.a., non c’era problema. Bastava alzare il tiro della percentuale tangentifera per gabbare le regole del gioco. Tutto questo sistema portava inoltre ad ottenere discreti privilegi in materia fiscale per l’ente medesimo che risultava registrato all’erario sotto la voce sbagliata. Vennero sospese a tempo indeterminato le stagioni dei più acclamati cartelloni teatrali peninsulari, da Terentum a Palermidda, tutto ciò per far sì che le indagini potessero procedere senza intoppi. Attori scritturati e attori associati si trovarono in breve a condividere lo stesso marciapiede, a patire una fame simile dovuta perlopiù alla scomparsa dei riflettori sui loro eghi castigati. Naturale quanto un corvo che gracchia su di un piccione morto, i calcascena già famigerati estradarono all’estero per poter dare ancora voce ai loro talenti (e linfa ai loro bonifici), ma non fu una filastrocca per infanti rincoglioniti. In terra straniera erano dei signori nessuno e sopra ogni cosa: erano senza raccomandazione. Ahi, serva Italia…

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